Il mercato dei ristoranti giapponesi in Italia: Tendenze, opportunità e sfide del mercato

Parte 1: Tendenze e approfondimenti del mercato : Crescita e popolarità negli ultimi anni

La cucina giapponese in Italia ha registrato una crescita notevole negli ultimi cinque anni. L’apertura di nuovi ristoranti di cucina asiatica (compresa quella giapponese) ha superato persino le amate pizzerie italiane – tra la fine del 2022 e il 2023, circa il 17% dei nuovi ristoranti erano “orientali” rispetto al 15% di pizzerie, secondi solo alla cucina italiana. Il cibo giapponese è infatti diventato mainstream: il sushi è oggi uno dei cibi “etnici” più diffusi in Italia, venduto non solo nei ristoranti ma anche nei supermercati. Circa il 43% dei consumatori italiani ha acquistato sushi almeno una volta in un negozio e i sondaggi indicano che circa il 96% degli italiani è disposto a mangiare sushi, con il 28% che dichiara che lo mangerebbe volentieri ogni giorno. Questo rappresenta un cambiamento radicale per un Paese in cui il consumo di pesce crudo era un tempo accolto con riluttanza.

Questa crescita è visibile nella vita quotidiana di tutta Italia. Ci sono ristoranti giapponesi o asiatici in almeno 250 città, e i maggiori centri urbani ne hanno decine: per esempio, Milano ha più di 140 ristoranti asiatici, e Roma circa 127. Questa proliferazione comprende tutto, dai negozi di sushi da asporto ai ristoranti di lusso. I rapporti di settore confermano il boom: il settore dei ristoranti giapponesi in Europa è stato valutato circa 3,8 miliardi di dollari nel 2024 e si prevede una crescita costante (~3,2% CAGR al 2032), trainata dalla crescente popolarità del sushi e dall’immagine salutare della cucina giapponese. All’interno del più ampio mercato italiano degli alimenti etnici (del valore di circa 2,0 miliardi di dollari nel 2024), il giapponese è uno dei segmenti principali (mentre la cucina cinese è attualmente il più grande). Tutti i segnali indicano una crescita sostenuta, poiché i consumatori italiani continuano ad abbracciare i sapori giapponesi.

Diversificazione dei tipi di cucina giapponese

Un’altra tendenza degna di nota è l’evoluzione e la diversificazione della cucina giapponese in Italia. Inizialmente, il sushi era il fiore all’occhiello della cucina giapponese all’estero, e ancora oggi la fa da padrone: dai nigiri e i maki roll agli onnipresenti locali di sushi all-you-can-eat. Tuttavia, gli italiani stanno andando oltre il sushi. Negli ultimi anni, nelle grandi città sono spuntati i ramen bar, che servono autentici ramen tonkotsu e miso a folle di gente del posto. Stanno emergendo ristoranti in stile Izakaya che offrono piccoli piatti giapponesi e sake, e la cucina omakase ha fatto breccia nella scena culinaria italiana. Ad esempio, esclusivi banchi di sushi come IYO Omakase a Milano e MOI Omakase a Prato offrono la tradizionale esperienza giapponese della “scelta dello chef” ai commensali italiani, con maestri chef che preparano intricate portate di dimensioni ridotte proprio di fronte agli ospiti. Questi locali omakase di alto livello (spesso con soli 8-10 posti a sedere) indicano una domanda di cucina giapponese altamente autentica ed “esperienziale” da parte della clientela più esigente.

Anche la tradizionale cucina washoku (cucina casalinga giapponese) e le specialità regionali stanno prendendo piede. Piatti come takoyaki (frittelle di polpo), okonomiyaki (frittelle salate) e yakitori fanno la loro comparsa nei festival e nei ristoranti specializzati. Nel frattempo, prospera la fusione creativa: alcuni chef combinano tecniche giapponesi con ingredienti italiani, creando menu unici e trasversali. Nel complesso, il panorama dei ristoranti giapponesi in Italia si è ampliato, passando dai ristoranti di sushi di un decennio fa a una ricca varietà di concetti: takeaway di sushi, sushi bar con nastro trasportatore, kaiseki di alto livello, negozi di ramen, grigliate teppanyaki, caffè di dolci al matcha e altro ancora. Questa diversificazione si rivolge a un ampio spettro di preferenze dei consumatori, sia che cerchino bocconi veloci e convenienti sia che vogliano una cucina di alto livello.

Accettazione e preferenze dei consumatori

I consumatori italiani hanno ampiamente superato l’iniziale esitazione nei confronti del pesce crudo e dei sapori sconosciuti. Il successo del sushi in Italia è senza precedenti, soprattutto se si considera che gli italiani tradizionalmente rifuggivano dai frutti di mare crudi. Le norme e le tendenze sociali hanno giocato un ruolo importante: il sushi è diventato di moda, una cucina associata al gusto cosmopolita e alla vita sana. Quando gli amici e gli influencer dei social media hanno abbracciato il sushi, altri italiani sono stati disposti a provarlo, generando un circolo positivo di accettazione. Oggi il sushi è visto come un’opzione chic ma accessibile, adatta sia a un pranzo veloce che a una cena fuori.

La qualità e la sicurezza alimentare sono fattori cruciali di questa accettazione. I consumatori italiani prestano grande attenzione alla freschezza degli ingredienti (un pezzo di pesce avariato può allontanare rapidamente le persone dal sushi). I supermercati che hanno introdotto i banchi sushi (con cuochi che preparano il sushi fresco in loco) hanno riscontrato il successo enfatizzando la freschezza visiva e l’igiene, che hanno aumentato la fiducia dei consumatori nella qualità del sushi. Un altro fattore è la salute: La cucina giapponese è percepita come più leggera e più sana di molte altre scelte culinarie, data la sua dipendenza da pesce, riso e verdure. Uno studio recente sottolinea che la consapevolezza della salute e il desiderio di frutti di mare ricchi di omega-3 hanno attirato gli italiani verso la cucina giapponese. Anche al di là del sushi, piatti come le insalate di alghe, l’edamame e il tofu attirano i clienti orientati alla salute.

Detto questo, si è verificata una certa localizzazione dei sapori. Molti italiani preferiscono rotoli di sushi con ingredienti familiari (il salmone è preferito al più tradizionale tonno o ai frutti di mare esotici). Per soddisfare i palati locali sono stati ideati rotoli creativi con formaggio o ingredienti fritti (non tipici del Giappone). Ma in generale, i sondaggi condotti sui consumatori mostrano un’elevata soddisfazione per la qualità del cibo giapponese in Italia. Circa l’80% dei consumatori italiani dichiara di essere soddisfatto del cibo giapponese che acquista, un’indicazione del fatto che l’offerta corrisponde ai gusti degli italiani. Con un’accettazione così diffusa – dagli uomini d’affari milanesi che prendono le poke bowls alle famiglie dei piccoli centri che provano il sushi per la prima volta – la cucina giapponese si è saldamente affermata nella dieta italiana.

Prezzi: Cena informale o raffinata

In Italia, i ristoranti giapponesi coprono l’intera gamma di prezzi, da quelli economici a quelli di lusso. Nel segmento casual, il modello dominante negli ultimi anni è stato il ristorante di sushi “All You Can Eat” (AYCE), solitamente gestito con un menu a prezzo fisso. Questi ristoranti offrono piatti infiniti di sushi, sashimi e piatti fusion giapponesi-cinesi a un prezzo fisso, spesso intorno ai 20-25 euro a persona per cena (e anche meno a pranzo). A Roma o a Milano è comune trovare il sushi AYCE a circa 20 euro che, pur non essendo di qualità Michelin, è considerato un buon affare dai commensali locali. Questa convenienza ha reso le serate di sushi casual un’opzione regolare per studenti e famiglie. Molti di questi locali sono grandi aziende con grandi volumi che mantengono i prezzi bassi grazie alla scala (e talvolta all’uso di ingredienti a basso costo o di pesce congelato). La popolarità del formato AYCE non può essere sopravvalutata: ha introdotto un’intera generazione di italiani al sushi in modo accessibile.

Dall’altra parte dello spettro, i ristoranti giapponesi di alto livello in Italia applicano prezzi elevati, paragonabili a quelli dei ristoranti italiani o francesi di alto livello. Per esempio, all’IYO di Milano – il primo ristorante giapponese in Italia a ottenere una stella Michelin – un pasto medio alla carta costa circa 80 euro a persona (vino escluso), mentre un menu degustazione si aggira intorno ai 110 euro. Altri ristoranti fusion giapponesi di alto livello nelle principali città arrivano facilmente a far pagare più di 100 euro a persona per cene a più portate. Le esperienze Omakase partono in genere da circa 150-200 euro a persona per un corso esteso di sushi preparato da un maestro chef. Questi prezzi di lusso posizionano la cucina giapponese come un’esperienza speciale, enfatizzando il pesce importato di alta qualità (come il tonno toro o l’uni), la carne di manzo Wagyu e le tecniche sofisticate.

Tra questi estremi si trova una fascia intermedia: ristoranti e catene giapponesi di prezzo medio, dove si può spendere dai 30 ai 50 euro a persona per una cena a base di sushi o una ciotola di ramen più i contorni. Ad esempio, un popolare bistrot casual di sushi può avere un prezzo di 18 euro per un set di sushi e di 12 euro per una ciotola di ramen, attirando giovani professionisti. Ci sono anche catene fusion come Temakinho (noto per gli involtini e i cocktail brasiliani-giapponesi) che rientrano nella fascia media di prezzo e sono spesso affollate di clienti.

In sintesi, la ristorazione giapponese in Italia è biforcuta: si può spendere poco (e gustare sushi decente, se non eccezionale, in quantità illimitata) o spendere per un viaggio gastronomico di alto livello. Questa polarizzazione dei prezzi riflette sia la democratizzazione del sushi sia l’emergere di una ristorazione giapponese d’élite. Inoltre, dimostra che esiste una domanda di mercato a entrambe le estremità, quella orientata al valore e quella di lusso, che offre opportunità per diversi concetti di ristorazione.

Ristoranti giapponesi di rilievo in Italia (stelle Michelin e locali popolari)

La presenza culinaria del Giappone in Italia è evidenziata da alcuni ristoranti di spicco che hanno ottenuto il plauso della critica. I ristoranti giapponesi stellati Michelin in Italia rimangono rari ma prestigiosi. A Milano si trova IYO, che nel 2014 è stato il primo ristorante giapponese del Paese a ricevere una stella Michelin. Il successo di IYO (che serve ~130 ospiti al giorno a prezzi elevati) ha dimostrato che l’autentica cucina giapponese con tocchi innovativi può ottenere i più alti riconoscimenti culinari in Italia. A Roma, il Bistrot 64 ha fatto scalpore come locale stellato Michelin guidato dallo chef giapponese Kotaro Noda, che fonde la precisione giapponese con le tradizioni della cucina italiana. La stella Michelin dello chef Noda a Roma è una testimonianza di come gli chef giapponesi possano eccellere in Italia sposando le due culture gastronomiche. Un altro nome a Milano è Ichikawa, gestito dallo chef Haruo Ichikawa, lo stesso che ha fatto guadagnare la stella a IYO. Nel suo stesso ristorante Ichikawa (anche se più informale), continua a proporre piatti giapponesi di altissimo livello ed è molto apprezzato dagli ispettori. Questi esempi dimostrano che i ristoranti giapponesi possono competere a livello di alta ristorazione nel panorama culinario italiano.

Al di là della Guida Michelin, esistono numerosi ristoranti giapponesi popolari che prosperano anche senza una stella. Spesso sono amati dai locali e hanno un seguito fedele. A Milano, un locale famoso è Poporoya, un piccolo sushi bar e negozio aperto nel 1989 da Minoru “Shiro” Hirasawa, il pioniere del sushi a Milano. Quando Poporoya ha iniziato la sua attività, la maggior parte degli avventori era costituita da giapponesi espatriati perché gli italiani non erano ancora abituati al pesce crudo; ma grazie alla passione di Shiro e ai suoi sforzi per far conoscere il sushi autentico in modo amichevole, oggi il ristorante è pieno di clienti italiani e sempre affollato. La longevità e la popolarità di Poporoya (spesso con una fila fuori dalla porta) dimostrano come l’autenticità e l’accessibilità (è noto per i prezzi ragionevoli) possano costruire una base di fan duratura.

Un’altra categoria di ristoranti giapponesi popolari sono i ristoranti informali in stile “izakaya” e i negozi di ramen. Per esempio, Casa Ramen a Milano (anche se gestito da uno chef italiano) è diventato un successo immediato per la sua fedele riproduzione del ramen giapponese, indicando la domanda di questo comfort food. A Roma, Zuma (un avamposto della catena internazionale di cucina giapponese contemporanea) attira celebrità e giovani élite per l’atmosfera elegante e il sushi di alta qualità: nonostante non abbia una stella Michelin, è perennemente al completo. Ci sono poi innumerevoli locali di sushi di quartiere e di sushi su nastro trasportatore, dove la qualità è affidabile e i prezzi moderati; molti hanno chef giapponesi o asiatici che garantiscono un buon livello.

Da segnalare anche il fenomeno dei ristoranti giapponesi di proprietà cinese, estremamente diffusi e popolari in Italia. Come ha evidenziato un rapporto de Il Fatto Alimentare, in città come Milano si possono trovare “ristoranti giapponesi gestiti da cinesi” accanto a quelli gestiti da giapponesi, e la cucina offerta è spesso simile. Alcuni di questi locali di sushi gestiti da cinesi (ad esempio, le varie catene AYCE) sono diventati i preferiti per un pasto informale. Anche se non offrono la raffinatezza dei locali stellati Michelin, hanno contribuito in modo significativo a rendere accessibile la cucina giapponese in Italia. La coesistenza di autentici locali gestiti da giapponesi e di ristoranti asiatici non gestiti da giapponesi forma un ricco arazzo di opzioni, ognuna delle quali ha successo nella propria nicchia.

Tendenze emergenti dei consumatori

I gusti dei consumatori italiani si evolvono continuamente, dando origine a nuove tendenze nel settore della ristorazione giapponese. Una tendenza evidente è la crescente richiesta di ingredienti sani e di alta qualità. La reputazione della cucina giapponese come dieta leggera ed equilibrata sta aumentando il suo appeal tra i commensali attenti alla salute. Piatti come le poke bowls (originariamente una fusione hawaiana-giapponese) e le insalate di sashimi sono scelte di tendenza per il pranzo nelle città, in linea con il desiderio di pasti ricchi di omega-3 e ricchi di proteine, considerati più sani della pasta o della pizza. I ristoranti rispondono mettendo in risalto la sostenibilità e la qualità, ad esempio, approvvigionandosi di pesce di alta qualità ed enfatizzando la “tracciabilità” (sapere esattamente da dove proviene il pesce) per garantire ai clienti la freschezza e la sicurezza. Secondo una ricerca, preoccupazioni come la tracciabilità e gli ingredienti naturali influenzano il consumo di sushi da parte degli italiani. In risposta, alcuni sushi bar di alto livello importano ora pesce dal Giappone o utilizzano pesce biologico allevato localmente, e ne informano con orgoglio i clienti.

Un’altra tendenza è la ricerca di “esperienze premium”. Man mano che la cucina giapponese diventa nota, i clienti esperti cercano esperienze più autentiche e coinvolgenti. Ciò determina la popolarità dei banchi omakase, dei menu degustazione kaiseki e degli eventi al tavolo dello chef. I ristoranti che offrono un’atmosfera esclusiva, come un banco sushi da 8 posti con un maestro che affetta il pesce ad arte, sfruttano la disponibilità dei consumatori a pagare per esperienze uniche piuttosto che per il semplice cibo. Allo stesso modo, le cene di abbinamento con whisky o sakè giapponesi sono in aumento, in quanto gli avventori mostrano interesse per il lato beverage della gastronomia giapponese. Il sake, in particolare, ha visto aumentare le importazioni e l’accettazione; dopo che l’accordo commerciale UE-Giappone ha abbassato le tariffe, le vendite premium sono diventate più disponibili e alcuni ristoranti impiegano sommelier di sake per migliorare l’esperienza culinaria.

Per quanto riguarda il mercato di massa, la convenienza e l’innovazione sono le tendenze principali. La consegna e l’asporto del sushi sono cresciuti, soprattutto in seguito all’accelerazione degli anni della pandemia. Molti ristoranti giapponesi in Italia offrono ora la possibilità di ordinare e consegnare online, confezionando sushi e ramen da consumare a casa. Anche le creazioni fusion continuano a emergere per mantenere i menu stimolanti: si pensi ai burritos di sushi, ai pasticcini infusi di matcha nei caffè o alla fusione di sapori giapponesi con ingredienti mediterranei (come lo yuzu agli agrumi sui frutti di mare italiani).

Anche le aspettative dei consumatori nei confronti del servizio si stanno evolvendo; gli italiani più giovani, che sono stati esposti alla cultura pop giapponese ed eventualmente hanno viaggiato in Giappone, apprezzano i tocchi dell’ospitalità giapponese (come il caloroso saluto irasshaimase o l’asciugamano caldo prima di un pasto). I ristoranti che addestrano il personale a includere questi elementi di omotenashi (ospitalità) possono trovare un pubblico ricettivo.

In sintesi, le tendenze emergenti in questo mercato includono un’inclinazione verso la salute e la qualità, la disponibilità a spendere per esperienze autentiche di qualità superiore e l’apprezzamento per l’innovazione e la convenienza. I proprietari di ristoranti giapponesi che si mantengono in sintonia con queste tendenze – ad esempio, offrendo opzioni di sushi vegetariano per chi è attento alla salute o organizzando serate speciali di omakase – possono conquistare i segmenti di mercato in crescita.

Fattori culturali e di mercato

La fioritura della cucina giapponese in Italia è sostenuta da legami culturali ed economici più ampi tra le due nazioni. Viaggi e turismo hanno creato una reciproca curiosità culinaria: L’Italia è da tempo una delle principali destinazioni per i turisti giapponesi (quasi 1 milione di visitatori giapponesi hanno viaggiato in Italia solo nel 2017 ), e molti tornano a casa con un apprezzamento per il cibo e lo stile di vita italiani. Viceversa, il Giappone è diventato una destinazione sempre più popolare per i viaggiatori e gli chef italiani, portando a una maggiore esposizione alla cultura alimentare giapponese. Questo scambio incoraggia gli imprenditori italiani a portare in patria pezzi di Giappone, come aprire un negozio di ramen dopo aver assaggiato quello vero a Tokyo, o importare ingredienti giapponesi scoperti all’estero.

Esistono anche scambi culturali formali ed eventi che hanno fatto crescere il profilo della cucina giapponese. Le fiere annuali a tema giapponese in città come Torino e Milano celebrano l’arte, i prodotti e il cibo giapponese, attirando migliaia di partecipanti italiani. Questi eventi sono spesso caratterizzati da stand di degustazione di ramen, laboratori per la preparazione del sushi e assaggi di sake, che normalizzano ulteriormente i sapori giapponesi in Italia. Anche la popolarità dei media giapponesi (anime, manga) tra i giovani italiani aumenta indirettamente l’interesse: per esempio, i fan degli anime spesso diventano curiosi di provare i ramen o i dolci dorayaki che vedono sullo schermo.

Sul fronte economico, l’Accordo di Partenariato Economico (APE) UE-Giappone, attuato nel 2019, ha dato un impulso significativo al commercio alimentare tra Giappone e Italia. Nel primo anno successivo all’APE, le esportazioni italiane di prodotti alimentari in Giappone sono aumentate del 19% e le importazioni dal settore agroalimentare giapponese sono cresciute dell’11%. Ciò significa che i ristoranti italiani possono rifornirsi più facilmente di autentici prodotti giapponesi – dalla salsa di soia al miso, dal manzo Wagyu di alta gamma al sake artigianale – grazie alla riduzione delle tariffe e alla semplificazione degli scambi commerciali. Per i ristoranti giapponesi in Italia, questo legame commerciale ha un valore inestimabile: abbassa i costi e migliora la disponibilità di ingredienti chiave che conferiscono autenticità. Ad esempio, l’importazione di capesante di Hokkaido o di vera radice di wasabi è ora più fattibile che in passato, consentendo ai ristoranti di alto livello di differenziare la propria offerta.

In Italia è presente una vivace comunità di immigrati ed espatriati giapponesi (anche se più piccola rispetto ad altri Paesi europei), tra cui molti cuochi e professionisti del settore alimentare qualificati. Organizzazioni come l’Associazione dei ristoratori giapponesi in Italia contribuiscono a promuovere gli standard culinari giapponesi e a facilitare il trasferimento di conoscenze. Anche le aziende giapponesi hanno investito nel settore alimentare italiano (ad esempio, il conglomerato giapponese che ha acquisito una partecipazione nei famosi centri di ristorazione Eataly, segnalando la fiducia nelle iniziative alimentari interculturali). Tutti questi fattori creano un ambiente favorevole alla cucina giapponese: forte curiosità, migliore offerta di ingredienti e comunità di supporto.

Infine, non si può ignorare la somiglianza di etica alimentare tra Italia e Giappone. Entrambe le culture privilegiano gli ingredienti di stagione, le specialità regionali e l’equilibrio tra gusto ed estetica in cucina. Molti italiani sentono questa affinità: come ha osservato un commentatore italiano della cucina giapponese, “pur essendo molto diversa, la cucina giapponese condivide con quella italiana il rispetto per la semplicità e la qualità degli ingredienti”.Questo allineamento filosofico fa sì che la cucina giapponese si adatti naturalmente ai palati italiani nel lungo periodo, al di là di una semplice moda. Ciò suggerisce che la cucina giapponese in Italia non sta semplicemente cavalcando una tendenza, ma ha le basi per diventare una parte duratura del variegato panorama gastronomico italiano.

Prospettive e opportunità

Alla luce delle tendenze e dei driver discussi, le prospettive per il mercato della ristorazione giapponese in Italia sono decisamente positive. Il mercato è in costante crescita in termini di dimensioni e fatturato e l’entusiasmo dei consumatori rimane alto. Gli analisti prevedono che i ristoranti giapponesi continueranno a prosperare, alimentati da fattori come la crescente consapevolezza della salute, l’urbanizzazione in corso (gli stili di vita frenetici favoriscono i pasti veloci ma salutari che il cibo giapponese può offrire) e anche l’aumento delle piattaforme digitali di consegna che ampliano la portata. Sebbene esistano delle sfide, come l’aumento della concorrenza e la necessità di mantenere l’autenticità pur soddisfacendo i gusti locali, la traiettoria generale è quella di un’espansione.

Per gli investitori e gli imprenditori, l’Italia offre un terreno fertile per i concetti di ristorazione giapponese, dal fast-casual al fine dining. Gli ultimi cinque anni hanno dimostrato che un’idea innovativa (che si tratti di nastri trasportatori per il sushi kaiten o di un’esperienza di grigliata robata) può guadagnare rapidamente trazione se ben realizzata. In Italia ci sono ancora nicchie non sfruttate e città secondarie meno sature in cui i nuovi ristoranti giapponesi potrebbero prosperare. Inoltre, i consumatori italiani sono sempre più alla ricerca di esperienze culinarie nuove, che i ristoratori più intelligenti possono offrire sfruttando il ricco repertorio culinario giapponese (si pensi, ad esempio, a un izakaya regionale giapponese incentrato sulla cucina di Okinawa o dell’Hokkaido – cosa non ancora comune in Italia).

Grazie ai forti legami culturali e al miglioramento della logistica commerciale, aprire un ristorante giapponese in Italia è più facile oggi che dieci anni fa. Che si tratti di uno chef giapponese che vuole portare all’estero sapori autentici o di un imprenditore italiano che collabora con talenti giapponesi, le risorse e gli interessi sono allineati per il successo. Inoltre, la cucina giapponese ha dimostrato di poter raggiungere popolarità e prestigio in Italia, conquistando sia i clienti occasionali che gli ispettori Michelin.

In conclusione, il mercato italiano ha accolto la cucina giapponese come parte della sua scena alimentare in evoluzione. La combinazione di domanda dei consumatori, scambi culturali favorevoli e adattabilità delle offerte continua a guidare la crescita. Gli investitori sono incoraggiati a esplorare le opportunità in questo spazio, poiché il settore della ristorazione giapponese in Italia ha ancora “ampi margini di crescita”, con sondaggi che indicano persino una fetta considerevole di italiani che vorrebbero poter mangiare sushi più spesso di quanto non facciano attualmente. Rimanendo in sintonia con le tendenze del mercato e mantenendo standard elevati, le nuove imprese possono cavalcare con fiducia l’onda dell’ascesa culinaria del Giappone in Italia.

( Per gli imprenditori e gli investitori è un momento emozionante per partecipare al boom del cibo giapponese in Italia. Con un’attenta pianificazione e una passione per la qualità, potreste far parte del prossimo capitolo di questa storia di successo interculturale.

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